Conoscete Caldogno? Io ammetto che, fino a poco tempo fa, sapevo solo che è il paese dov’è nato Roberto Baggio. Tant’è che quando Matteo, mio marito, ha saputo che l’avremmo visitato, era tutto esaltato. Baggio però non l’abbiamo incontrato. Caldogno è un comune subito a nord di Vicenza, circondato dal verde e ricchissimo di acque. Proprio nel suo territorio sono infatti localizzate le Risorgive del fiume Bacchiglione, che bagna anche la mia città, Padova. Ho trascorso una giornata e mezza in questo florido territorio, tra giardini, ville, ottimo cibo e relax e ora vi racconto tutto: cosa visitare a Caldogno, ma anche dove dormire e dove mangiare.
Cosa visitare a Caldogno
Villa Caldogno
Innanzitutto vi consiglio di visitare Villa Caldogno. È una villa palladiana, forse meno conosciuta di altre nella zona, ma che vale la pena visitare per il ciclo di affreschi e anche per altre peculiarità di cui ora vi parlerò.






La storia di Villa Caldogno
Tutto ha inizio nell’aprile del 1538, quando Losco Caldogno, conte di queste terre, sposa Doristella Muzani, che gli porta in dote un’ingente somma di denaro, ben 2.800 grossi veneziani. La famiglia di lei preme quindi perché il conte si faccia costruire una bella villa di campagna, come conviene agli aristocratici del suo rango.
Palladio
I parenti della sposa erano amici di un architetto emergente, “un certo” Andrea Palladio. Interpellato, Palladio fu entusiasta. Il terreno era infatti nella posizione ideale, tra due rogge d’acqua, per sperimentare un’idea che aveva in mente da un po’. Ovvero creare il sistema per far arrivare l’acqua all’interno della villa. Palladio ci riuscì e pensate che, nel seminterrato, è possibile ammirare il sistema idraulico Cinquecentesco, utilizzato per canalizzare le acque e farne uso domestico. È tra i pochissimi esempi arrivati intatti ai giorni nostri.
Nel frattempo Losco muore e gli subentra il figlio Angelo Caldogno, che infatti ricorda il padre con una scritta sopra l’ingresso della villa (non ve la svelo, darete un’occhiata quando andrete a visitarla). È lui a convocare i giovani artisti Giovanni Antonio Fasolo, allievo di Veronese, Giovanni Battista Zelotti e Giulio Carpioni che affrescano la loggia, il salone centrale e le stanze del lato ovest.
La villa è conclusa e affrescata nel 1570.






Le sorti della villa
Rimasta per tre secoli proprietà della famiglia, dopo un breve periodo in cui fu sede di un istituto per bambini in difficoltà, venne requisita dall’esercito tedesco all’inizio della seconda guerra mondiale.
Finita la guerra, dopo una parentesi di abbandono, la villa fu acquisita e restaurata dal Comune di Caldogno a fine anni ’80. Dal 1996 è patrimonio UNESCO insieme alla città di Vicenza e alle altre Ville del Palladio nel Veneto.
La barchessa è ora sede della Biblioteca Civica di Caldogno.
Gli affreschi di Villa Caldogno
Gli affreschi della Loggia ritraggono le delizie della vita in villa e il Concilio degli dei che osserva dall’alto.
Il Salone centrale è il più maestoso, ad opera di Fasolo. Presenta scene di divertimenti in villa mentre 12 giganti reggono il soffitto. Le scene ritratte sono: Il gioco delle carte, L’invito alla danza, Il concerto e La merenda.
Curiosità:
- Nella scena della merenda, è presente un vassoio che contiene dei bussolà di Caldogno, ovvero ciambelle dolci, preparate con farina di mais e arricchite da uvetta.
- Tra gli affreschi del salone compare anche un rarissimo ritratto di Palladio.






Le Stanze
Sud Ovest: la decorazione celebra le virtù di Scipione, con pregevoli affreschi dello Zelotti.
Stanza del Pastor Fido: dedicata al dramma pastorale di Guarini, molto popolare all’epoca, e a scene dell’Aminta di Torquato Tasso.
Stanza di Sofonisba: qui lo Zelotti narra le drammatiche vicende della regina di Cartagine, Sofonisba. Caduta prigioniera di Scipione, decise di morire bevendo veleno pur di non diventare bottino di guerra.
Anche in questo caso non voglio dilungarmi oltre con maggiori dettagli ma incuriosirvi ad andare a scoprire questa villa di persona, approfittando magari di una Villa Caldogno Experience, ovvero una visita guidata speciale.
Il bunker
Dietro alla barchessa di Villa Caldogno, è situato il bunker costruito nel 1944 per volontà di una milizia tedesca (che lo fece costruire agli abitanti del luogo, rimasti in paese durante la guerra, ovvero donne, bambini e anziani). La finalità era ospitare feriti e sale operatorie. In realtà la guerra finì prima di quanto i tedeschi pensassero, per fortuna. E quindi non fu lungamente utilizzato. Al giorno d’oggi il bunker, ristrutturato e risistemato, ospita la mostra permanente “Dalla Prima Guerra Mondiale al 1945”. Non abbiamo fatto in tempo a visitare il bunker ma tornerò.






La chiesetta longobarda
All’interno del cimitero di Caldogno, si trova la piccola chiesetta di San Michele. In realtà, è il cimitero che è stato costruito attorno alla chiesa, che è la più antica del paese. Purtroppo l’incuria e il tempo hanno fatto sì che si perdessero quasi totalmente gli affreschi interni, di cui restano però alcuni frammenti.









Villa Fogazzaro-Arnaldi
Nel comune di Caldogno è presente anche la residenza estiva dello scrittore vicentino Antonio Fogazzaro. Un tempo la villa comprendeva scuderie, una chiesetta ed altri ambienti che però vennero requisiti dai militari durante la prima guerra mondiale. La villa è privata. Di tanto in tanto vengono creati eventi e visite dedicate al Fogazzaro in accordo con la proprietà.
Le Risorgive del Bacchiglione
Un’altra attrazione da visitare in zona sono le Risorgive del Bacchiglione. È possibile non solo arrivare comodamente in auto ma anche arrivarci in bici, grazie alla presenza di una ciclabile protetta che copre tutto il comune di Caldogno e arriva fino al parco del Bacchiglione.
Non ho potuto visitare le risorgive a causa del maltempo ma sono contenta di essermi lasciata indietro qualcos’altro da esplorare per la prossima volta.
Dove dormire a Caldogno
Villa Solatia
Villa Solatia è un posto unico. Un’oasi di pace dove ci si rigenera, sia grazie alla bellezza delle architetture che ti circondano, sia alla vegetazione che attornia la proprietà. Ma anche alla zona benessere al coperto che è stata una manna visto il meteo dei giorni in cui ho alloggiato io. Anzi, è stato un Eden, che è proprio il nome della piccola ma graziosa area wellness con piscina riscaldata e idromassaggio. C’è anche una piscina esterna, anzi un biolago, ma ve lo descriverò meglio nei prossimi paragrafi.
Comunque, mi sono innamorata dell’atmosfera del luogo e delle persone che lo gestiscono. Tanto che spero di avere l’occasione di tornarci in futuro, magari col bel tempo. Se volete sbirciare, ecco il sito di Villa Solatia.






Villa Solatia : la storia
La Villa ha avuto una storia travagliata. Il cantiere fu aperto nel 1559 su progetto di Andrea Palladio, forse poi realizzato da Serlio. Otto anni dopo era completato. Un tempo si chiamava Villa Muzari, quindi cognato del proprietario dell’epoca di Villa Caldogno.
Gli affreschi, ad opera di Veronese e Zelotti, sono purtroppo andati perduti. A fine Settecento la villa viene descritta in un trattato sulle ville palladiane come in pessime condizioni e diroccata. Dopo un passaggio ai Visconti di Milano che sistemarono la struttura degradata, divenne proprietà del bisnonno del proprietario attuale a inizio Ottocento. In tutti questi anni, opere e arredi sono andati perduti o trafugati.
Il recente restauro ha riempito il vuoto con pezzi d’arte e design italiano ed internazionale, creando un dialogo tra antico e moderno di grande effetto.



Le suites
La Villa offre 15 Suites, ciascuna caratterizzata da una diversa identità. Vi sono ad esempio stanze a tema palladiano o botanico. Ci tengo a dirvi i nomi perché già da lì si capiscono tante cose: Foresta, Ellade, Scultura, Tentazione, Vicenza, Aurea, Arcadia, Risorgiva, Palma, Serenissima, Biloba, Pigafetta, Acqua, Barriera e Corfù. Ognuna è dotata di bagno, accappatoi e teli per la piscina, asciugacapelli, WiFi, tv, set di cortesia e aria condizionata. Noi abbiamo dormito molto bene. È davvero una zona tranquilla.









La Barchessa
Qui si trovano l’area benessere, la palestra, la sala colazioni e quattro degli appartamenti.
La colazione è di tipo continentale, con scelta di brioche, torta, biscotti, cereali, yogurt, succhi, formaggi, affettati, pane e uova preparate al momento. Ovviamente bevande a piacere (caffè, cappuccino, tè… io ho preso tè verde e anche caffè ginseng).









Palazzetto Napoleonico
Costruito a inizio Ottocento per ospitare i lavoranti della proprietà, oggi ospita 9 delle Suite del complesso.
Il giardino
Villa Solatia è circondata da un bel giardino che annovera:
- Il Grande Parterre, un prato all’inglese su cui si affaccia la Barchessa Palladiana.
- Un piccolo giardino d’acqua, con vasche e fontane alimentate dalla falda naturale della villa, la cui acqua è potabile.
- L’Arboreto è nato a fine Seicento per creare un luogo dove trovare ombra e refrigerio nelle giornate calde. Degli alberi originari sopravvive ad esempio un platano che ha 400 anni. Ho trovato bellissimo l’aver posto sotto gli esemplari più interessanti dei leggii dove è possibile apprenderne storia e curiosità. Ci sono anche dei dolcissimi coniglietti.
- L’Orangerie è una vera chicca. Una piccola casetta con grandi vetrate da cui ammirare l’arboreto. Tra piante in vaso, arredo coloniale e pezzi di design, ospita un angolino per la contemplazione della natura, con una stube in maiolica, riviste e libri di botanica.
- Completano il parco l’orto e il frutteto a coltivazione biologica.
- A breve (ma proprio breve, fine maggio), sarà pronto anche il Padiglione ispirato alla Palmenhaus di Vienna. Ovvero una struttura che potrà ospitare matrimoni, eventi e conferenze in ogni periodo dell’anno. Avrà una struttura trasparente per poter essere immersi tutto il tempo nella natura del giardino.









Il biolago, meglio di una normale piscina
Installare una semplice piscina qui sarebbe stato totalmente fuori luogo. Avrebbe stonato tantissimo con l’atmosfera elegante e sobria di Villa Solatia. La proprietà ha quindi investito per creare qualcosa che si integrasse perfettamente con l’ambiente e con l’architettura rinascimentale. Un biolago, ispirato alle antiche pescherie tipiche delle ville palladiane. Si tratta di una vasca centrale balneabile, le cui acque vengono purificate grazie alle piante e ai pesci presenti nelle vasche che la circondano. È quindi priva di cloro o altre sostanze nocive.






Pet Friendly
Farà piacere sapere ai proprietari di cani, che la Villa è Pet Friendly. Questo purché i cagnolini siano abituati a stare in appartamento. C’è anche una piccola area sgambamento cani.
Dove mangiare a Caldogno
Molin Vecio
Ricavato all’interno di un antico mulino del Cinquecento, con ruota tuttora funzionante, il ristorante è un luogo da fiaba. È circondato dal verde e dalle acque, che arrivano dalle risorgive del fiume Bacchiglione. Qui si gustano piatti della tradizione culinaria vicentina, a base di prodotti locali. Viene fatto ampio uso di erbe aromatiche coltivate nell’orto officinale (che annovera ben 100 specie diverse).
Nella bella stagione è piacevole accomodarsi nel dehors in riva al laghetto. La trattoria è dotata di diverse sale e salette più o meno grandi, tanto che, oltre al normale servizio di ristorante, so che vengono organizzati anche banchetti nuziali. Potete dare un’occhiata qui al sito del Molin Vecio.






L’arredo e le litografie
L’arredo del locale è delizioso: si percepisce proprio di essere dentro ad un mulino antico, tra mobili di legno chiaro, travi e mattoni a vista, attrezzi per antichi mestieri e soprattutto, in mostra qua e là, le splendide litografie create in collaborazione con l’artista Galliano Rosset. Il proprietario, Sergio Boschetto, che ho conosciuto e adorato per ironia e per capacità di raccontare il cibo e il territorio, ebbe l’idea diversi anni or sono, di partire con l’illustrazione delle Ville Venete della zona. Per poi continuare con i mestieri antichi, le erbe officinali, le tradizioni vicentine, fino ad arrivare ad una cospicua collezione, che viene esposta nella trattoria a rotazione.
Io mi sono portata a casa Basilico e Fico, che voglio incorniciare e appendere in soggiorno.






Cibo locale
Ho avuto il piacere di cenare qui con un menù a base di ingredienti locali e di stagione. Come antipasto fondente di ricotta e tartufo dei Berici con spugnole (una delizia). Di primo risotto al tastasal con rosole e pisacàn. Il tastasal è un impasto a base di carne di maiale macinata. Le rosole, in italiano rosolaccio, sono la pianta del papavero selvatico. Mentre il pisacàn è il tarassaco. Avete presente il fiore giallo con il soffione bianco che da piccoli tutti abbiamo soffiato almeno una volta? Proprio quello.
Una questione di ingredienti
Come secondo un piatto che mi ha sorpreso: avannotti (piccoli della trota) e polentina fritti. Innanzitutto per il sapore, delizioso. Il perché è presto spiegato. Al Molin Vecio adoperano la trota fario, autoctona e ben più pregiata, sia per il gusto saporito che per le proprietà organolettiche, rispetto a quella iridea, che in molti luoghi ha preso il sopravvento perché cresce più rapidamente e resiste di più a temperature elevate. La seconda ragione è stata la digeribilità. Dovete sapere che io sono senza cistifellea e che, da quando sono stata operata, digerisco malissimo i fritti. Questo no. Era talmente leggero che l’ho finito tutto e non ho avuto il benché minimo problema di digestione. Zero.
La polenta era fatta con il Pignoletto di Rettorgole, prodotto De.Co, ovvero a denominazione comunale. Sergio ci ha raccontato che è un mais autoctono antico, andato quasi perduto per anni. Fortunatamente è stato recuperato grazie a dei semi crioconservati all’Istituto di Genetica Agraria Strampelli di Lonigo (Vicenza). Il Pignoletto fu utilizzato per creare il celebre mais Marano, coltivato in tutta la zona a nord di Vicenza. Il mais Pignoletto viene utilizzato per preparare torte, focacce, biscotti, pasta fresca, oltre ovviamente alla mia amata polenta. Che a xé bona sempre.
Per finire, una fresca torta mimosa alle fragole.









Insomma, ci siamo trovati così bene, che io volevo tornare anche il giorno dopo ma Matteo si è fatto specie e siamo tornati a casa per pranzo, anche perché, ahinoi, il meteo non era dei migliori. Altrimenti col cavolo! Avrei insistito ah ah ah.
Panetteria Zenere
È un panificio e ma anche un piccolo bistrot per colazioni e per pranzi veloci, con laboratorio di produzione proprio. Qui tre sorelle, Elena, Enrica ed Elisa, producono e vendono pane, biscotti, focacce, dolci di alta qualità.
La panetteria Zenere è un locale storico, aperto dal 1937. Negli anni si è saputa rinnovare, arrivando a produrre 41 tipi di pane (alcuni disponibili solo in un giorno preciso della settimana), aggiungendo nuovi formati, utilizzando farine di cereali diversi (farro, grano saraceno ad esempio), integrali, biologiche, oltre che pani speciali. Tanto da ricevere la menzione speciale dal Gambero Rosso per la bontà e qualità dei suoi prodotti.









Ho percepito tanta attenzione alla scelta delle materie prime, come ad esempio l’occhio di riguardo verso le farine biologiche e i mulini sostenibili. Ed anche verso le tradizioni del territorio, come il pane vicentino o i prodotti con la farina di mais Pignoletto.
Rinascita dopo l’alluvione
L’alluvione del 2010 purtroppo ha distrutto il laboratorio storico a Cresole, inclusa la storica pasta madre del nonno dopo 73 anni. A quel punto, la famiglia ha deciso di non abbattersi e, nel giro di un anno, è stato aperto il nuovo laboratorio. E non solo, sono nati i Dolci di Zenere, per affiancare al pane anche biscotti, pan brioche, trecce ed altri deliziosi prodotti. Dal 2019 si è aggiunto l’angolino per potersi fermare nel punto vendita a mangiare un boccone: colazione, pausa pranzo o aperitivo.
Io mi son fermata qui per un brunch a base di piccole sfoglie con tonno e peperoni, paninetti ai semi di papavero e sesamo con crudo, robiola e insalata, club sandwich (con la frittata e non con l’uovo all’occhio, alleluia!!!! Faccio una gran fatica a trovarlo con la frittata di solito), roast beef con punte di asparagi marinate, e un assaggio di dolci: crostata ai frutti di bosco e strudel profumatissimo di cannella. Mi sono portata a casa anche un pan brioche ripieno di confettura di albicocca che era una cosa spaziale.









Insomma, spero di avervi dato delle idee su cosa visitare a Caldogno e di avervi instillato un po’ di curiosità per andare a scoprire le sue specialità.
Articolo in collaborazione con la Pro Loco di Caldogno.